Le Monacelle – Cenni storici

  • Anche le figlie del popolo, sullo scorcio del 1500, ebbero non un monastero di clausura ma un conservatorio costruito sulle vecchie macerie del monastero di S.Eustachio. Chiamato Conservatorio di S. Maria della pietà, ebbe le sue origini nel 1594 ad opera di un frate cappuccino, frà Matteo del Cilento, che con i proventi di elemosine e di donazioni acquistò una serie di case e stanze, alcune di proprietà dell’antica chiesa di S.Eustachio, che all’epoca stava ancora in piedi e in cui ancora si celebrava, e iniziò la costruzione del conservatorio.

    Con la venuta del vescovo Scipione la Tolfa la struttura si trasformò in monastero e nello stesso tempo vi entrarono venti povere zitelle che accolte, vivevano con i proventi delle elemosine e con i lavori di ricamo e di altre manifatture, cosi che con il passare del tempo ebbero anche un certo benessere economico. L’Università eleggeva due deputati per l’amministrazione e la direzione. Intanto il frate don Pietro Sanità, ricco della città, prendendo a cuore questa pia e santa opera ogni anno dava grano e proventi in denaro aiutando a mantenere economicamente il monastero.

    Nell’anno 1603 in punto di morte con testamento donò tutti i suoi beni al conservatorio: l’ammontare fu di circa venticinquemila ducati, suddivisi in mobili, immobili, terreni nell’acro di Laterza e Miglionico e denaro liquido. Il conservatorio con tanta ricchezza acquista le tenute di “Gravina di Timmari” e torre Noia; inoltre acquista un fondo della gravina nella zona della Martella costruendo una struttura agricola di grande importanza nota come la ”masseria delle Monacelle”, acquistata poi nel 1849 dalla famiglia Giudicepietro. Nel frattempo iniziarono ad entrare nel conservatorio monache di buona famiglia, ragazze nobili cui i genitori acquistavano delle stanze per poter vivere. Con le educande il numero di ospiti crebbe fino ad arrivare a oltre cento. Nonostante tali ricchezze con gli anni però la situazione economica diventò sempre più precaria anche a causa di una clausola testamentaria voluta da don Sanità per cui tutte le discendenti della famiglia Sanità e Spinazzola avrebbero dimorato nel conservatorio con trenta zitelle senza pagare la dote annuale. A differenza delle altre. Questo causò un progressivo indebitamento, sino a che tutte le proprietà del Sanità furono vendute come anche i terreni. Il sacro consiglio per evitare altre vendite aumentò le rette annuali da duecentocinquanta ducati a trecento ducati e tolse il privilegio dei famigliari del Sanità e dei Spinazzola. Si aumentò anche il numero di monache nel conservatorio che oltre la retta portarono in dote oro, argento e molti contanti; altre entrate si ebbero dalle masserie che producevano prodotti della pastorizia e della campagna oltre alle manifatture prodotti nell’interno del conservatorio dalle educande e dalle monache. La nuova situazione economica permise al conservatorio nel 1647 di ammodernare la chiesetta annessa al conservatorio adornandola di dipinti e nuovi arredi.

    Nel 1730 viene edificata la nuova chiesa, ampliata occupando parte della pubblica via, e fu aperta una porta dall’esterno; l’interno fu abbellito di buoni altari in marmo e oro dono dei frati benedettini di Montescaglioso e successivamente di paramenti sacri, calici di argento e oro, candelieri e campane sul campanile. Già dedicata a S. Maria della Pietà, la chiesa fu in seguito dedicata a S.Giuseppe. Nel 1731 il monastero dell’Annunziata cedette al conservatorio la chiesa di S. Eustachio, ormai diruta a causa dei terremoti. Questa chiesa era collegata con il monastero dell’Annunziata con un passetto sulla strada per permettere alle suore di clausura di accedervi senza essere viste. Inoltre nell’interno del conservatorio costruirono dei cameroni come dormitori.

    Le monache, che fin dal 1641 l ’Arcivescovo Garaffa volle fossero ridotte in clausura, benché non in regola e nonostante siano conservatorio, officiano secondo il rito Romano, educano le fanciulle alle manifatture di merletti, calzette fine ed altre cose. Sono amministrate da un procuratore laico poiché il conservatorio è soggetto alla Reale giurisdizione. Non vivono in comunità ma ognuna per sé, tanto che ricevono dal conservatorio tutte le provviste di commestibile, la legna, due sacchi di carbone e mezzo litro di olio e altri prodotti per mangiare. Ogni tre anni eleggono una superiora e i voti li prendono dal governatore e dai confessori ordinari.

    L’attività del conservatorio continuò fino all’Unità d’Italia quando con le leggi eversive del 1866 tutti i beni ecclesiastici e laici passarono allo stato. Con la legge Crispi il conservatorio divenne c0ngregazione di carità, in cui venivano accolte le fanciulle povere della città per istruirle e mantenerle fino ai ventun anni di età; la gestione rimaneva sempre alla congregazione di carità con una direttrice laica, mentre le suore erano governate da una superiora scelta dalla congregazione e occupavano una piccola parte del conservatorio.

    All’inizio del novecento fu adibito a orfanotrofio femminile gestito dall’E.C.A. e diretto dalle suore riparatrici del Sacro Cuore. In seguito si istituisce una scuola elementare e materna e queste attività continueranno fino alla soppressione degli enti di beneficenza alla fine degli anni settanta.Le ultime suore rimaste furono trasferite ad altra sede, la scuola chiuse e il conservatorio rimase chiuso fino al 1998 quando con i fondi del giubileo si realizza il progetto di restauro e di rifunzionalizzazione dell’intero complesso.